martedì 25 febbraio 2014

Ritratto di donna


Penso a te come a un appariscente albero mosso dal vento, come a una foglia irrorata di linfa, dall’ossatura fine ma solida. Ti immagino sconfinata nella notte più profonda, pretesto per attingere le mie inquietudini. Tu, profilo mai supplente di nessun altro contorno, anima vagante tra i cuori bruciati, profondi uno strano amore frutto di un innato fascino. Il tuo vivere è una lunga scala di emozioni e colori accesi. Mille espressioni migrano di minuto in minuto sul tuo volto, trasformando il sorriso ora in un cielo, poi in un pianto e ora in un romantico romanzo. Quel viver che ti accompagna. Oscena è la miseria dell’incontro scritto con qualche miope mascalzone, commerciante di minutaglie di scarso valore. Egli vorrebbe riempirsi le viziose tasche svuotando le tue, desidererebbe farti prigioniera della sua casa cosicché, senza le chiavi, tu debba esser costretta a un percorso obbligato: il passaggio sulle sue gambe. Gabbiano incantevole e libero nell’aria dagli infrangibili propositi ciondoli a tratti, pur essendo eccellente volatore. Le ali, se prestate, non si apriranno mai del tutto: solo a nascere con quella radice ci si doterà spontaneamente del volo. Diversamente, ambirai al cielo come Icaro e potranno promettertele, ma non le avrai, le tue ali. Umiliazione al punto di essere vessata e tormentata. Ogni tuo gesto che insorgerà sarà come un graffio sullo specchio, che scivola e mai ferisce. Aguzzini in frac e scarpe lucide straripano, tentando d’invadere i tuoi argini maestosi, barriere che soltanto la solidità di un certo cemento renderà inoppugnabili.
Scompari e riappari come un’ombra, notte e giorno, abbandonando sulla strada qualche ritardo per far sì che il desiderio aumenti e il sex appeal faccia presa sul tuo servitore. Che alla fine ti diventerà padrone, ahimè, austero e grave. E più il tuo erotismo spiccherà in territori vasti e pruriginosi, più la ferocia tirannica proverà piacere nell’intingere piccoli tratti di quel suo inchiostro indelebile. Che non scrive ma offende; non impreziosisce e abbandona. La tua aureola però non si è ancora formata, anche se io la vedo. Sia che ti guardi dal basso o che ti osservi dall’alto, scorgo tanti piccoli punti pronti a far germogliare la corona di luce. Non averne paura, poiché il vento che spira forte non potrà staccarla mai, sarà, anzi, il completamento del tuo profilo angelico. Donna, ritratto di grazia, se autentica e naturale. Canticchi a mezza voce il tuo canonico destino, trascurando spesso quello che la logica ti pone come semplice risposta. Cercherai il portico di un atipico convento presso cui riposare quel tuo strano spostamento. Non v’è chiostro buono per custodire ogni tua piega vitale. Albero senza trucco e donna senza radici tu sei. Quando la scorza friabile diventerà corteccia, avrai superato il ponte che collega un porto a un altro; e ogni porto sarà uno strato di pelle nuova, più forte. È l’esperienza che verrà in soccorso e non importa se arriverà con il sole o con la pioggia: si soffre sempre prima di esultare e tu, donna, lo imparerai.        

Ma devi volare… è essenziale che tu voli!
Sconfina pure senza paura, Bellezza non è mai nemica, se ti sposti tra boschi e montagne innevate superando deserti e mari non potrai mai morire d’inerzia. Tutt’altro. Sarà proprio madre Natura ad accompagnare le tue dita verso la gloria. Ma non pensare neanche per un istante di farti fare un quadro da qualcuno: nemmeno fosse il pittore più illuminato e celebre. Lascia che siano tempo, destino e vento a soffiare un sottile carboncino su quella grande tela immaginaria, mostrando i tuoi tratti. Solo quello è il ritratto cui ambire, l’unico vero che ti rappresenterà. Donna, come una città sicura, protetta da antiche e coraggiose mura che attraggono sogni e desideri di uomini autentici, galanti e intrepidi. Intuizione, riflessione e lusinga: tutto scorre nel fiume delle piccole linee che hai sul viso. Nelle dita hai i pensieri e nelle pieghe delle mani c’è il tuo destino, che quasi riesci a percepire. E le cose d’amore sono lì, dentro quelle tue mani senza macchia, fiduciose e bianche. Della morte non esiste traccia esteriore; la torbida estasi della vecchia con la falce, non arriverà a piegarti le palpebre, nemmeno a morderti la carne. La tua armonia si spegnerà nel giusto momento in cui, tra luce e buio, alcune particelle prenderanno vita come atomi immortali, duplicando la tua persona che, a quel punto, avrà raggiunto il suo scopo: perpetuarsi nel tempo. Con un leggero oppio, profumi le stanze in cui vivi e, per qualche minuto delle tue giornate ti sacrifichi al torpore della provvisorietà… insorgendo sulla coscienza e librando nell’aria la voglia d’emozione, di trasgressione. È la tua droga, leggera come te, non sbagliare a usarla! Il male ha sempre provato a investirti per la strada, a scagliarti fulmini e, ancor di più, a entrare nella tua casa, insudiciandoti il corpo e stremandoti i fianchi. Ci proverà ancora, rincorrendoti veloce. Ma sarai tu la più svelta. Non pensare alle curve e alle salite che incontrerai; guarda la via come un’unica retta, e punta fieramente il tuo obiettivo.

Nessun commento:

Posta un commento